C’erano determinate melodie, composte per le passioni dell’anima – gli stati scoraggiamento e di depressione – che pensavano fossero di grandissimo giovamento. Altre erano per l’ira e l’eccitazione e ogni altra consimile perturbazione dell’animo. Inoltre esisteva una musica di genere differente, escogitata al fine di contrastare il desiderio. I pitagorici usavano anche danzare, e lo strumento di cui si servivano a questo fine era la lira, perché il suono del flauto lo consideravano violento, adatto alle feste popolari e del tutto indegno di uomini di condizione libera. Per favorire l’emendazione dell’animo usavano inoltre recitare versi scelti di Omero e di Esiodo. (Giamblico, La Vita Pitagorica, Bur pag 257)
Nell’opera di Giamblico “Vita pitagorica” è scritto in modo molto semplice quanto la musica rivestisse un ruolo fondamentale per la cura del corpo e dell’anima. Questo concetto, che gli antichi consideravano una vera e propria scienza, lentamente andò perduto, e solo recentemente anche la scienza ufficiale ci ha confermato che il corpo umano, come ogni altro essere vivente, che sia uomo, animale, vegetale, o minerale, poiché tutto è vita, ha sue specifiche vibrazioni e si sintonizza su più frequenze. Non stupisce quindi, come il nostro corpo sia così sensibile ai suoni (uditivi e non), i quali sono in grado di scatenare in noi le emozioni più disparate, sia in positivo che negativo. Basti pensare a come ci si sente quando ascoltiamo determinati brani, alcuni in grado di farci piangere, altri che ci spingono a ballare, o altri ancora che ci trasportano in uno stato quasi “mistico”. Se poi pensiamo alle sensazioni che si provano quando siamo immersi nella natura e cosa si percepisce nell’ascoltare lo scroscio di una cascata, lo sciabordio di un fiume che scorre o il canto degli uccelli, risulta evidente che i suoni hanno un’importante rilevanza sul nostro benessere psicofisico. Perché allora la poesia? Sempre Giamblico chiarisce che «Per favorire l’emendazione dell’animo usavano inoltre recitare versi scelti di Omero e di Esiodo». Appare quindi evidente che, siano parole o musica, il suono, in qualunque sua forma, ha un enorme potere suggestionante. Non è un caso, ad esempio, come la connessione tra poesia e musica si riveli nella sua massima espressione di armonia quando la prima viene recitata con un sottofondo musicale, le cui cadenze ritmate si sposino in perfetta sintonia con le cadenze della metrica e della poetica, trasmettendo così all’ascoltatore un piacere non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche dall’acustica stessa. Con la premessa citata, risulta chiaro che non si può parlare quindi di poesia senza tirare in ballo la musica e viceversa, in quanto musica o parole sono strettamente connesse tra loro; entrambe evocano immagini, emozioni… entrambe toccano l’animo umano.
Rossella Tirimacco “Emozioni, tra Musica e Parole” pag. 7-8, Lupi Editore
Ed è appunto con questa premessa che esploro il mondo sonoro e analizzo la musica. Ogni pezzo che ascoltiamo non è “solo una musichetta” ma è verbo, è parola, è un comando, è un’emozione, è un processo rievocativo di ricordi consci e inconsci, è creazione, è insegnamento, è conoscenza, è apprendimento, è informazione, è guarigione, è movimento… la musica è semplicemente “tutto ciò che noi siamo” .
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