La formula della ristorazione cinese-giapponese “all you can eat” è una delle più in voga in questo momento. In pratica mangi ciò che vuoi ad un prezzo fisso, solitamente con bevande e dolci esclusi. Si tratta di una formula che i giovani (e non solo) dimostrano di apprezzare molto. Ma se la quantità soddisfa il portafogli e il palato, la qualità dei cibi è altrettanto soddisfacente? Quanto segue è la mia opinione in merito

Ieri sera io e mio marito siamo stati a cena fuori. Purtroppo all’ultimo momento abbiamo dovuto ripiegare su un ristorante dove avevamo mangiato diversi anni prima. Ignari del cambio gestione e formula ci siamo ritrovati in un ristorante multietnico: cinese-giapponese-thailandese- e….anatema “italiano”!!!!

Eravamo già dentro il locale quando abbiamo realizzato la cosa e subito un’irrefrenabile voglia di andare via si è impossessata di me. Ho guardato negli occhi mio marito che col pensiero cercava di dirmi: “stai zitta e non farmi fare figuracce”, così ho ingoiato il rospo e mi sono adattata alla situazione.

Ora, io non sono una grande mangiona ma sicuramente amo la buona cucina, soprattutto quella tradizionale e di qualunque etnia, quindi mi aspetto che se vado in un ristorante cinese mi venga servito “cibo della tradizione e cultura cinese”, se vado al messicano mi aspetto “cibo della tradizione messicana, così per il giapponese, il thailandese ecc.

Vedere quindi del cibo italiano in un ristorante “multietnico” per me è una bestemmia, un affronto alla buona cucina e alle tradizioni che denota quanto il nostro rapporto con il cibo sia sempre più malsano e degenerato.

Esempio di buffet

Dal punto di vista chimico-fisico il cibo è infatti una delle nostre fonti energetiche, il carburante che il nostro corpo trasforma in quell’energia necessaria per le sue funzioni.

Ma il cibo è anche emozioni. Quando infatti ingeriamo qualcosa il nostro cervello elabora un’infinità di informazioni attraverso il gusto, l’olfatto, il tatto e la vista. Il nutrimento quindi non passa solo attraverso “qualsiasi cosa che si ingurgita”, il nutrimento passa anche attraverso il piacere che avviene appunto attraverso la nostra percezione sensoriale.

Infine il cibo è nutrimento da un punto di vista più profondo e che ha molto a che fare con le energie sottili e la componente spirituale. Quest’ultima è la più trascurata, ci basti pensare agli allevamenti intensivi e ai fast-food per realizzare che riempire lo stomaco non equivale a “nutrirsi”.

E ora passiamo alla cucina, quella vera intendo.

Cucinare per alcuni è arte, per altri è lavoro, per altri ancora è normale amministrazione. Tutti sappiamo cucinare, giusto? Lo facciamo quasi tutti i giorni.

Ebbene, provate a pensare ad alcune vostre ricette, magari eseguite in certe giornate in cui eravate più in vena di cucinare. Qual era l’emozione che muoveva il vostro fare? Sicuramente avrete provato piacere e di conseguenza di quell’energia ne avrà beneficiato il vostro cibo. Ora provate invece a ricordare quella volta che avete cucinato ed eravate magari arrabbiati. Quell’energia (della rabbia o della tristezza) in che modo ha influito ad sul vostro cibo? E in che modo ha influito sul vostro stomaco?

Infine cultura e tradizioni, sono due aspetti della cucina di cui tanto si parla ma che in realtà sono decisamente trascurati.

Il cibo infatti anche se non ce ne accorgiamo ci fornisce informazioni che hanno a che fare con la nostra storia, con le tradizioni e con la nostra identità.

Il cibo è cultura

Gustare del cibo cinese penso sia diverso dal gustare del cibo italiano o thailandese o indiano…

O no?

Certo, posso preferire il sushi al posto degli involtini, o la lasagne al posto del thai, e così via ma una cosa è certa: ogni piatto ha la sua “identità” che in linea teorica tutti sappiamo riconoscere.

L’identità del cibo è quindi importante dal punto di vista sensoriale- emozionale e nutritivo.

Eppure oggi insieme all’identità dell’uomo sta scomparendo anche l’identità dei cibi.

Così ci ritroviamo in questi spazi “multiculturali” che pretendono di chiamarsi ristoranti dove il cibo viene trattato alla stregua di un supermercato nel settore delle offerte!

Paghi relativamente poco per “ingozzarti” di tutto il cibo presente nei vari settori. Ma la domanda è: quel cibo è buono? E quanto ci ha rimesso la qualità della buona cucina a beneficio della quantità? Ci stiamo nutrendo o semplicemente riempiendo lo stomaco? Il consumismo, il sistema che ci ha resi esseri che consumano di tutto e di più, anche ciò che non è necessario, si rivela anche nel nostro rapporto con il cibo, “consuma tanto, anche ciò di cui non hai bisogno”. Certe formule sono studiate soprattutto per i giovani che, inutile dirlo fagocitano di tutto, e la quantità per loro è importante.

Essere convinti che mangiamo per nutrire esclusivamente il nostro corpo fisico, è un errore: noi mangiamo per nutrire anche il nostro cuore, il nostro intelletto, la nostra anima e il nostro spirito. “
Omraam Mikhaël Aïvanhov

Ed è proprio questo l’inganno. Sin dall’apertura dei primi fast-food, sono state condizionate intere generazioni, la mia compresa ad associare il tanto cibo con pochi spicci. Ciò ha portato montagne di sprechi, visto che se costa poco si può anche buttare, e nessun rispetto per la provenienza di ciò che mangiamo. Immaginate ad esempio la carne, animali allevati in batteria per permettere quelle quantità industriale di cibo che consumiamo ma di cui in realtà non abbiamo bisogno.

Così torno alla mia serata dal cinese che non è più cinese ma un locale misto senza più alcuna identità.

Inutile dire che la qualità del cibo era “pessima”, ho finito per mangiare cibo non più caldo ma sul tiepido-freddo (a parte i ravioli thai cotti al momento che erano si caldi ma senza sapore).

Gli involtini primavera erano stati praticamente cotti nell’olio bruciato, potete quindi immaginare il sapore, tanto che dopo il primo boccone ho dovuto rinunciare a mangiarli.

Stendo un velo pietoso sul resto della cena e vado direttamente al dolce.

Confesso di essere un po’ golosa, insomma i dolci mi piacciono, e il gelato fritto (anche se è di origine colombiana) è tipico del menù cinese e giapponese.

Certa quindi di concludere almeno in bellezza, mi reco al reparto dolci nella vana speranza di trovare del buon gelato fritto con cui consolarmi della serata.

Potete quindi immaginare la mia delusione quando realizzo che i dolci serviti altri non erano che pasticcini che si possono trovare in una qualsiasi pasticceria industriale.

La bellezza di trovare sempre un lato positivo

Lascio quindi anche il dolce e con tanta “amarezza” torno al tavolo dove mio marito mi stava aspettando.

La cena si è conclusa così, con tante domande e tante osservazioni proprio sul nostro rapporto con il cibo.

Fortuna che la serata si è conclusa bene, come?

Grazie al mare di notte, la spiaggia e un cielo stellato che ci ha fatto compagnia nei nostri ragionamenti.

Rossella Tirimacco