Da bambina ero affascinata dai ragni, passavo molto tempo ad osservarli, li prendevo, lasciavo che mi camminassero sulle braccia- ero divertita ed incuriosita nel sentire le loro “zampettine” sulla mia pelle. Una fissa che non mi è mai passata e, anche da adulta non disdegno a volte di prenderli e di rivivere quelle percezioni di quando ero solo una bambinetta. Ovviamente tale attenzione non era rivolta solo ai ragni ma anche ad altri insetti. Poi si cresce e il mondo circostante si inizia a vederlo in maniera (ovviamente) differente. Così, un po’ per gioco, un po’ per curiosità da adulta per un po’ iniziai a “osservare” il mondo con lo sguardo rivolto alla ricerca dei “simboli”.
Come ogni animale, anche il ragno non è che un archetipo di vizi e virtù dell’essere umano, una rappresentazione di elementi e forze della Terra, ostacoli e chiavi di volta della vita stessa, un “messaggio” con cui l’uomo si identifica o rappresenta se stesso. Nel passato, l’animale aveva una forte valenza simbolica e mistica, in quanto colui che se ne serviva come simbolo, equivaleva a dire che ne aveva beneficiato dei suoi “favori” e quindi ne aveva assunto il suo spirito e capacità. Anche se non tutti comprendono il reale significato dei simboli e il forte potere che questi evocano, gli effetti sull’inconscio però, sono praticamente universali. Non è un caso infatti, che particolari “forme” vengano utilizzate per “brillanti” campagne di marketing. Per capire ciò, ci basti guardare i numerosi “loghi” di cui si servono le grandi marche e non solo. Se poi ampliamo lo sguardo, lo straripare dei numerosi oggetti ormai tanto di moda e che richiamano spesso in chiave allegorica particolari simboli, fanno comprendere la portata del “fenomeno” da cui deriva un’imponente commercializzazione di ciarpame, consigliata e venduta da “maghi” dell’ultima ora e da “esoteristi” che intortano una folla di superstiziosi. A volte il simbolo è palesemente manifesto, altre volte viene abilmente velato da inusuali forme, altre volte ancora viene abilmente “ritoccato” alla vista ma percepito benissimo dall’inconscio (subliminale).
Il ragno ha delle connotazioni ambivalenti, un totem positivo e negativo. Se da un lato, soprattutto per le culture orientali l’animale rappresenta la creazione, il lavoro e la creatività, nella concezione occidentale cattolica, veniva visto come un simbolo maligno. Nel bestiario medievale infatti, il ragno veniva identificato con l’immagine del diavolo, come simbolo di lussuria ed opere vane, fragili esattamente come la tela- questo fino a che non si scoprirono in seguito le straordinarie capacità elastiche e di resistenza di quest’ultima, ad oggi ancora al vaglio dell’industria meccanica per tentare di riprodurle. Per le antiche culture indiane invece la tela viene vista come simbolo del sole e stava a significare come “il centro della creazione” l’ordine cosmico; per i celti rappresentava gli ostacoli della vita e il contatto con la Dea Madre. Passando per l’antica Grecia ricordiamo poi il mito di Aracne, trasformata in un ragno e costretta a tessere per tutta la vita per aver sfidato e vinto la gara con la dea Atena.

Ma sempre l’antica Grecia ci riporta il mito di Penelope che “tesseva” durante il giorno e disfaceva durante la notte, una rappresentazione in cui possiamo leggere in chiave allegorica “ciò che non termina mai”, un filo dove il passato è intessuto col futuro in un ciclo senza fine. Un parallelismo che possiamo ritrovare nella Mundaka Upanishad, dove vediamo che tutto esce e si reintegra esattamente come il ragno che sputa e divora il suo filo, simbolo anche della sua salvezza, poiché è appunto con l’aiuto del proprio filo che il ragno s’innalza e conquista la libertà.
A prescindere dai diversi credi e dalle numerose interpretazioni delle varie culture, ciò che va tenuto in considerazione quando si tratta di simboli è la visione interpretativa personale, la quale, il più delle volte è a livello inconscio.
Per comprendere meglio ciò prendiamo ad esempio due individui, uno non ha paura dei ragni, l’altro invece ne ha il terrore. Mettiamo ora una cultura sociale che indichi il ragno come simbolo positivo; ora l’individuo che non ha paura dei ragni, accetterà il simbolo sia a livello conscio che incoscio e, il possesso di un amuleto che rappresenti l’animale, fornirà all’individuo in questione una sorta di condizionamento psicologico, al punto che questi si sentirà protetto.
Il secondo soggetto invece, pensate che avrà la stessa reazione? Pur accettando il ragno come simbolo benevolo e, magari piazzerà anche un amuleto a forma di ragno nella sua casa, a livello inconscio la reazione sarà completamente opposta e quindi inizierà a provare tutta una serie di disagi “incomprensibili”.
Il problema risiede nel simbolo o nella psiche? Ovviamente il ragno, così come qualsiasi altro simbolo non ha alcun potere di per sé, il vero potere risiede nel centro psichico e nella sua capacità di “attivare” o “disattivare” funzioni e capacità di cui l’essere umano non conosce nulla… o almeno non a livello cosciente. Il potere del simbolo risiede solo nel “comunicare” un messaggio… la mente del singolo individuo farà tutto il resto.
Rossella Tirimacco
Foto: Paolo Caliari detto il Veronese, Dialettica 1575-1577