La  lingua italiana è da sempre esposta all’influenza delle lingue straniere. Ciò nel tempo ha creato un vero e proprio fenomeno di “assorbimento” che ha portato molte parole straniere, a sostituirsi gradualmente ai termini in lingua italiana. Già nel passato, tale “processo di sintesi”, secondo il linguista Raffaele Simone,  era legato al contatto culturale,  grazie ad artisti e intellettuali dell’epoca. Questo assorbimento, ancora oggi, continua implacabile a inserire nel nostro vocabolario, una serie di parole in lingua straniera non tradotte. Infatti, mentre altri Paesi, traducono le parole straniere nella loro lingua, nel caso dell’italiano, si tende invece a ripetere la parola, ad esempio in lingua inglese,  senza tradurla, al punto che questa entra poi normalmente nel lessico e nel quotidiano. Esempi? Le terme che son diventate SPA, i documenti si son trasformati in file, pubblico si trasforma in audience, il capo diventa boss, le obbligazioni diventano bond ecc. Val la pena ricordare come questa “morte” delle parole, abbia portato dei danni pazzeschi, negli anni precedenti con l’acquisto dei “bond” Cirio, Parmalat e argentini. Gran parte degli acquirenti  non sapevano cosa fossero i “BOND”, ma consigliati dalle loro banche compravano, senza rendersi conto di investire in CAMBIALI… il resto è ormai storia. Ma come mai la lingua italiana è così esposta al cambiamento? Sempre secondo Raffaele Simone, l’italiano non è la “lingua di tutti” ma ancora di un numero ristretto di persone. Ci basti pensare alle antiche tribù e ai numerosi dialetti della nostra penisola.  Popolazioni con lingue  totalmente differenti tra di loro, persino tra paesini distanti pochi chilometri l’uno dall’altro. E’ evidente che per “comunicare” tra loro, queste popolazioni erano più influenzabili. Un fenomeno che fa parte del nostro Dna, poichè la lingua italiana, in realtà, non rappresenta in tutto e per tutto l’identità della popolazione. Inoltre, ciò che salta agli occhi, è la poca lealtà verso la propria lingua, infatti, accettiamo come un dato di fatto e senza battere ciglio che le parole straniere si sostituiscano alla nostra lingua.

Un fenomeno interessante, quello del “furto” delle parole, che merita di essere visto innanzitutto dal punto di vista storico. Difficile fare una disamina, senza tener conto del passato di un popolo che sin dall’antichità era un insieme di tribù e popolazioni, ognuna con la propria lingua. Un ambiente che ha ovviamente influito  sul modo di pensare, di agire e di relazionarsi. Un ambiente altamente “creativo” e questo in parte è dovuto anche dal numero di parole e informazioni che ne derivano. Poiché le parole sono un “modello”, ovvero, una chiave d’accesso per le informazioni contenute nel nostro “database” cerebrale. Nella nostra percezione del mondo, non può esistere una qualunque cosa che non abbia un nome, e più parole conosciamo, più informazioni abbiamo. E’ una delle ragioni che rende gli italiani una popolazione in parte “speciale”. Il rovescio della medaglia, per alcuni è la perdita di una parte della propria lingua. Per altri invece, si tratta solo di una lingua che si arricchisce e si amplia.  Non sappiamo quale sia la verità, una cosa però è importante: osservare il mondo attraverso diversi punti di vista!

 

Rossella Tirimacco