Quarta giornata di zona rossa in Abruzzo, una chiusura annunciata da tempo ormai. Una chiusura evitabile, ma è evidente che chi dovrebbe gestire l’attuale situazione che tutti noi stiamo vivendo, il “loockdown e i coprifuochi” sono le sole cose che riescono a concepire e ad attuare quale panacea di tutti i mali.
Sicuramente ci troviamo di fronte ad una situazione del tutto inedita, ciò non toglie che quello che è il problema sanitario, era una storia annunciata, si sapeva benissimo che con l’arrivo dell’autunno sarebbero tornate sia le influenze stagionali, come ogni anno del resto, e con loro anche il Covid-19. Non entrerò nel merito di cariche virali, virus ecc., non sono un medico, né un virologo, sono una semplice formatrice che si occupa di comunicazione e relazione d’aiuto, e come tale cerco di capire e di osservare il fenomeno dal punto di vista emotivo, comunicativo, relazionale e soprattutto “logico”. Non da ultimo in termini di importanza è l’aspetto spirituale e umano, che il Covid, in molti casi sembra aver ridotto al lumicino.
Il primo aspetto che più salta agli occhi della “gestione” di quella che è stata definita una pandemia, è la totale assenza di logica sia dei protocolli che dei vari DPCM, ai quali Conte ci ha ormai abituati. Non entrerò nel merito di tutte le assurdità a cui abbiamo assistito in questi mesi, mi soffermerò solo sulle ultime e che riguardano purtroppo le scuole.


Istruzione– Qui, il “genio” di alcuni politici si è espresso in tutto il suo splendore, e non mi riferisco solo ai famosi “banchi anti-covid con le rotelle”, ma a tutta la gestione che ha avuto del surreale, e che ha portato milioni di alunni a vivere poche settimane di scuola come in un reparto ospedaliero anticontagio. Poco male, se la cosa avesse avuto una qualche funzione. In realtà, ecco che dopo aver speso milioni di euro per l’allestimento delle aule, nuovamente le scuole vengono chiuse… ma solo dalla seconda media in sù. La ratio qual è?
Impossibile dare una risposta sul perché il virus possa attaccare i ragazzi dai 12 anni in sù, dal momento che la narrativa portata avanti sinora è quella che vedrebbe i bambini quali “untori” nelle loro feste di compleanno.
Stendo un velo pietoso sulla modalità che imponeva le finestre delle aule aperte ogni mezz’ora, con il risultato di assistere a scene da terzo mondo dove abbiamo visto ragazzi costretti a portarsi le coperte a scuola per ripararsi dal freddo. Della serie, se non ti ammali di Covid, ti ammali comunque.


Trasporti- Uno dei principi di qualsiasi organizzazione è la comunicazione tra i vari elementi. Qual è il senso di mettere in atto nelle scuole delle misure così estreme se poi nei trasporti decadono tutte le misure anticontagio?
Mi chiedo se tra i ministeri ci sia un filo di comunicazione o se funzionano a comparti stagni, dove ognuno pensa al proprio “orto” senza avere una visione d’insieme.
Ergo: il quadro non viene visto nella complessità, ma si osserva da un solo punto di vista.


Sanità-Possiamo dire che la sanità è stata ed è il vero fallimento? Se la pandemia ci ha colti di sorpresa, abbiamo però avuto mesi per portare soluzioni. Invece si è preferito rimanere adagiati con la speranza che la situazione sarebbe migliorata. Così non è stato, visto che a lungo si era parlato di una “seconda ondata” in concomitanza della stagione autunnale. La corsa al tampone, di certo non ha aiutato, e considerando l’elevato numero di falsi positivi e falsi negativi, forse andrebbe rivista la diagnostica. Ma, visto che non sono un medico, evito di parlare di argomenti che non conosco, invito però ad ascoltare i tanti virologi che sulla “corsa al tampone” esprimono un parere contrapposto al pensiero comune che vede nei tamponi il reale indicatore del numero dei contagi. Di certo, tale modalità di voler cercare a tutti i costi i possibili “untori” anche in persone che non hanno alcun sintomo influenzale, ha portato ad intasare il sistema e la gestione stessa del comparto sanitario.

La mancanza di posti letto e di terapie intensive ha portato infatti il sistema al collasso, e negli ultimi tempi abbiamo assistito a scene da film horror: anziani morti nelle ambulanze, pazienti lasciati nei “pre-triage” in attesa di un trasferimento in intensiva, alcuni con un calvario durato fino a quattro giorni, il cui esito finale è stata una campana a morto. Ci si è dimenticati così che esistono tante altre patologie che pure avevano ed hanno bisogno di cure e di diagnosi. Persone in attesa di una risonanza magnetica, ma dal momento che risultano positivi al tampone, pur non avendo sintomi, a loro l’esame non verrà eseguito. Così come il malato di tumore, sfortunatamente per lui, se il tampone darà esito positivo, non verrà operato. Idem per le anziane con il femore rotto. Quanti di loro riusciranno ad arrivare in tempo alla diagnosi o si andranno ad aggiungere alle numerose vittime che saranno elencate come “morte per Covid”? Sono troppe le persone morte per via di una gestione del Covid approssimativa e pecoreccia, e purtroppo i numeri continuano a salire. Il personale sanitario, ha fatto davvero del suo meglio, e continua a farlo, pur di poter salvare delle vite, ma la carenza di strumenti, di certo vanifica gran parte del loro operato.


Comunicazione- Sappiamo bene come le parole siano in grado di influenzare non solo le opinioni, ma anche il corpo fisico dell’individuo. La campagna mediatica martellante basata sulla paura, che abbiamo avuto in questi mesi, e che purtroppo continua ancora, ha del vergognoso. Le continue dirette e aggiornamenti sul numero dei contagi, hanno una qualche utilità ai fini dell’informazione? E’ davvero importante aggiornare costantemente nell’arco della giornata se ci sono due o più tamponi positivi in più? In che modo queste “informazioni” vengono recepite da milioni di individui spaventati, e molti di loro in preda ad attacchi di panico?


Emozioni- E’ cosa risaputa che paura, rabbia e stress abbassano le difese immunitarie, ragion per cui, di fronte ad una simile catastrofe, bisognerebbe smorzare i toni, fare si informazione, evitando di terrorizzare. Eppure sembra che ci sia una volontà perversa nel voler far leva sull’impatto emotivo di milioni di individui già abbastanza provati. Così, i morti diventano numeri, e dietro ogni numero c’è una storia di cui non si conosce nulla, ciò che conta ai fini giornalistici è solo il risultato del suo tampone, possibilmente positivo. Poco importa se quel tampone è stato fatto post mortem, ciò che conta è un numero che si aggiunge, e che fa tanto audience.
Insieme alla paura, ovviamente sopraggiunge la rabbia e non da ultimo la frustrazione e il senso di impotenza, coctail micidiali che minano il corpo fisico, emotivo, psicologico e spirituale.

Relazioni-Siamo “animali sociali”, viviamo di relazioni, senza le quali non c’è possibilità di evoluzione. Le relazioni, in tutte le sue forme sono al pari del cibo e dell’acqua. Ne abbiamo bisogno forse più del pane. Ed è attraverso gli affetti, le amicizie, gli amori, che ci vediamo riflessi nel mondo esterno. Il benessere psicofisico passa anche attraverso le sue relazioni, e quando queste vengono meno, la solitudine stessa può diventare una malattia che non di rado conduce alla morte. La separazione dagli altri, un fenomeno che già dagli ultimi anni si è manifestato in maniera evidente, con il Covid tale modalità di “allontanamento” dagli altri si è acuita.
Grazie al sistema di comunicazione che come abbiamo visto, fomenta le paure, “l’altro” viene percepito come una minaccia, un pericolo, un possibile untore che potrebbe minacciare la vita di ognuno. Non è un caso che al minimo accenno di chiusura, il “balcone di Facebook” si riempie di numerosi kapò, pronti a puntare il dito e a denunciare sulla “pubblica piazza” il corridore di turno o il bevitore di birre del piazzale del supermercato. Rabbia e paura, come già detto, arrivano così ai massimi livelli, portando l’individuo ad entrare in un loop emotivo senza uscita. Infatti, i livelli di disagio e disturbi psichici, di una grossa parte della popolazione è ormai alle stelle; ansia, attacchi di panico, ossessioni, paura, rabbia, fobie, depressione, sono solo alcune delle espressioni di un malessere psichico che sta facendo più danni del virus stesso.


Spirituale- Credo che i livelli di dolore spirituale, fisico ed emotivo a cui in tanti sono stati sottoposti, soprattutto chi ha avuto delle perdite in famiglia, ha lasciato loro delle cicatrici profonde. Se tutta la società in un modo o nell’altra sta vivendo un momento doloroso, per molti quel dolore è mille volte di più. E mi riferisco soprattutto a quelle persone che hanno subito l’allontanamento dagli affetti, e che si sono trovate nella condizione di non poter nemmeno portare l’estremo saluto ai propri cari. Persone decedute da un momento all’altro all’interno di un ospedale o di una RSA; defunti infilati nei sacchi e subito messi nelle bare e sigillati, quasi che il virus potesse uscire da un corpo ormai passato a “miglior vita”. Dolore su dolore, al quale si aggiunge la perdita dei punti di riferimento, e di quella sensibilità che ci spinge ad stringerci intorno verso chi soffre. Oggigiorno chi subisce un lutto, si ritrova così a macinare e a metabolizzare da solo tutto il dolore, senza nessun conforto, compreso quello del prete. Come ad esempio il caso del il sacerdote che si rifiuta di celebrare la messa ai defunti, perché morti di Covid e quindi “avrebbero potuto infettare la chiesa”. Un episodio che lascia senza parole, e che ancora non riesco a metabolizzare, visto che la coppia di coniugi sono miei parenti. La paura è umana, e quando la paura si trasforma in fobia, allo stesso modo trasforma le persone in conigli. Quanto accaduto nella mia città è un gesto veramente triste da parte di un uomo che si presume abbia abbastanza strumenti, la fede in primis, per poter gestire situazioni estreme. Non è stato così, e in fondo don Ramon ha evidenziato solo i livelli di “involuzione” a cui stiamo arrivando come esseri umani e come società. Il Covid a questo punto è solo la punta dell’iceberg, che ci sta mostrando come l’assenza di spiritualità vada pari passo con la mancanza di umanità.  Di fronte a certe situazioni, infatti, credo che quel minimo di spiritualità che ci era rimasta, sia stata ormai contagiata dal virus. Sono tanti i gesti squallidi e tristi, a cui stiamo assistendo, ultimo è quello del poliziotto che multa il clochard. Un caso isolato, certamente, ma è una delle tante espressioni e manifestazioni di un virus che sta facendo emergere tutte le nostre “ombre”.

Forse il Covid sta mettendo in rilievo la crisi di un sistema che era già malato; forse ci sta mostrando aspetti che dovrebbero farci riflettere spingendoci a rivedere tutto il nostro sistema di credenze sulle quali abbiamo basato parte della nostra esistenza. Possiamo osservare tutto questo con orrore, ma è proprio dalla nostra capacità di confrontarci con il mondo esterno, che non sta facendo altro che raccontarci ciò che noi stessi abbiamo creato , dalla politica all’economia, dai trasporti alla sanità, dalla scuola all’inquinamento… è tutta “roba nostra”. Ed è proprio dal caos, dalla sofferenza, dal dolore che possiamo ripartire e ricominciare, gettando le basi per un mondo “umano”.

Rossella Tirimacco