«Non ti diedi né volto, né luogo che ti sia proprio, né alcun dono che ti sia particolare, o Adamo, affinché il tuo volto, il tuo posto e i tuoi doni tu li voglia, li conquisti e li possieda da solo. La natura racchiude altre specie in leggi da me stabilite. Ma tu, che non soggiaci ad alcun limite, col tuo proprio arbitrio, al quale ti affidai, ti definisci da te stesso. Ti ho posto al centro del mondo affinché tu possa contemplare meglio ciò che esso contiene. Non ti ho fatto né celeste né terrestre, né mortale né immortale, affinché da te stesso, liberamente, in guisa di buon pittore o provetto scultore, tu plasmi la tua immagine…»
Pico della Mirandola, “De hominis dignitate”
Mi è piaciuto associare un estratto dell’opera “De hominis dignitate” con il pezzo Eweroun di Falkenbach; un’opera straordinaria di uno dei più grandi umanisti del sec. XV e una canzone folk-metal, dove il polistrumentista Vratyas Vakyas, ci regala atmosfere epiche di un antico mondo pagano.
Eppure, due epoche così lontane, due mondi così diversi, sembrano entrambe condurre ad una via comune… la conoscenza di sè.

Pico della Mirandola, in “De hominis dignitate”, pone l’uomo al centro dell’Universo e al pari di Dio è egli il creatore, plasmatore di sè stesso e del proprio destino. Il pezzo Eweroun, dall’album Asa pubblicato nel 2013, tratta invece “der wanderer” o viandante, che per la storia dell’immaginario romantico tedesco ha un significato molto diverso rispetto alla mentalità latina. Il viandante per la lingua tedesca è colui che segue un cammino, ma non inteso nello spostarsi semplicemente da un luogo all’altro, egli non si dirige verso una meta fisica o tangibile. Il “Der wanderer” è semplicemente un avventuriero dello spirito, un essere che va alla ricerca di se stesso, di quel richiamo ancestrale celato in ogni essere umano ma che elude ogni spiegazione razionale.
Ognuno ha un proprio percorso da fare e, anche se apparentemente non cerchiamo le stesse cose, in fondo siamo tutti dei viandanti. Ed è appunto in questo lungo viaggio, fatto di spazio e tempo, che l’uomo, unico sculture e creatore di sé, spesso non si accorge, come scrisse Pico della Mirandola, di essere “al centro del mondo” al fine di contemplare meglio ciò che esso contiene.
Rossella Tirimacco