Ciò che separa gli eventi non è il tempo, ma la vostra percezione. Voi percepite gli eventi «uno alla volta». Il tempo, per come vi appare, è un’organizzazione psichica dell’esperienza. Gli apparenti inizio e fine di un evento, nascita e morte, sono semplicemente altre dimensioni di esperienza, come lo sono ad esempio il peso, l’altezza, la larghezza.
Jane Roberts
-Il “tempo” è la cosa più preziosa che abbiamo… dicono.
-Non c’è tempo!
-Ogni cosa ha il suo tempo… ormai non ho l’età…
– Mi stanno rubando il tempo!
Tempo, tempo… ma… cos’ è il tempo? Che aspetto ha? Di cosa è fatto? Si parla spesso di tempo, una parola che coinvolge la nostra stessa esistenza, tanto da condizionare ogni nostra azione. Molte persone infatti, sono “fissate” con il “tempo” e non mi riferisco al meteo, ma a quella sequenza di eventi, apparentemente ciclici, esempio il giorno e la notte, che percepiamo appunto con il nome di “tempo”. Il tempo però, così come lo concepiamo, come un qualcosa che “scorre” è totalmente errata, non è una realtà fisica e non c’è nulla che “scorre” linearmente! Il tempo è il nostro movimento, tutto qui.
Infatti, noi percepiamo il “movimento”, e visto che tutto costantemente cambia, di tale percezione, che chiamiamo “tempo”, ne tracciamo una linea, che di fatto, “nella realtà” oggettiva non esiste, ci mettiamo (nella nostra testa) sopra questa linea, e iniziamo un cammino chiamato “vita”.
Tale strada, sempre secondo la nostra testa, ha un inizio e fine, e dal momento che vogliamo costantemente ricordarci a che punto siamo arrivati, passiamo una vita a contare i giorni: Oggi è lunedì, oggi è martedì… ecc.
Passano così i giorni… mesi… anni… a contare un qualcosa che non esiste, a stressare gli altri con i nostri datari mentali, e soprattutto invecchiando nella testa.
Una bellissima frase di Jean Paul recita “La vecchiaia non è triste perché cessano le nostre gioie, ma perché cessano le nostre speranze.” e infatti ciò fa comprendere che il concetto di tempo non abbia nulla a che fare con quelle che sono le nostre gioie, ma sono invece le speranze che alimentano la vita stessa.
Sappiamo che una persona anziana, in linea teorica (non tutti, è chiaro) smette di sperare e sentendosi sempre più vicino/a alla fine che ha tracciato sulla linea immaginaria, inizia a trovare inutile fare cose che possano gratificarlo/a con la scusa di “non avere più l’età”.
Sin da ragazzini, veniamo infatti programmati sullo svolgimento della vita, mettendo a questa, appunto dei paletti cronologici.
A cinque anni si entra a scuola, a 12 si diventa adolescenti, a 18 si diventa maggiorenni e si può votare, a 25 c’è la laurea ( per alcuni) o lavoro (per altri, per altri ancora la disoccupazione) a 30 ci si sposa (forse), poi figli (forse) a 40 inizia a chiederti che cosa hai realizzato nella vita, a 50 inizi a pensare al tuo aspetto che cambia… a 60 inizi a pensare che è inutile fare questo o quello, perché si è ormai in età avanzata e quindi a cosa serve darsi da fare? Meglio iniziare a pensare al funerale! Non è un caso infatti che molti, subito dopo la pensione, purtroppo muoiano. Insomma, si passa una vita a contare il momento della pensione e, una volta arrivati, non avendo (e non creandosi) più scopi, si entra invece in depressione, il corpo si ammala, e la conseguenza logica è il decadimento del nostro essere.
Insomma… un vero castigo detto in questi termini, soprattutto se inizi a fissarti su quella “linea temporale”. Ora, se si cancellasse dalla mente il calendario (se non per ricordarci degli impegni) vivendo semplicemente il presente, l’unica cosa che davvero esiste, non si vivrebbe forse meglio? La perdita di una percezione temporale, non ci permetterebbe forse di fare cose che ci piacciono o che ci fanno stare bene, tipo… riprendere a studiare, magari a 65 anni e più? Non ci permetterebbe di fare nuove esperienze e vivere a pieno la vita, eliminando quelle limitazioni sciocche che la rendono così odiosa?
Io credo di si…
E con questo, vi auguro una buon “PRESENTE”… poichè non esiste altro!
Ah… dimenticavo, non c’è invecchiamento peggiore di quello “mentale”… sentirsi vecchi senza comprendere di essere “eterni”.
Rossella Tirimacco