L’individuo medio dei nostri tempi, vive sfruttando soltanto una minima percentuale del suo potenziale, dal cinque al quindici per cento quando va bene. Chi ha a sua disposizione addirittura il 25 per cento del suo potenziale viene già considerato un genio. E così, una percentuale del nostro potenziale che va dall’ottantacinque al novntacinque per cento va perduto, resta inutilizzato, non è a nostra disposizione. Suona tragico, non è vero? E la ragione di questo fatto è semplicissima: viviamo secondo dei cliché. Viviamo seguendo gli schemi prefissati di comportamento. Recitiamo sempre la stessa parte, continuamente. […] Il nostro potenziale si basa su un atteggiamento particolarissimo: vivere e riconsiderare ogni istante a sé.
Il “guaio” di chi è capace di riconsiderare ogni istante e di capire com’è, è che in questo caso la persona non è più prevedibile. Il ruolo del bravo cittadino esige che questi sia prevedibile, dato che la nostra brama di sicurezza, di non correre rischi, la nostra paura di essere autentici, la nostra paura di stare ritti sulle nostre gambe, e specialmente sulla nostra intelligenza… questa paura è semplicemente terrificante. E allora che facciamo? Ci adattiamo e in quasi ogni genere di terapia si vede che il fine ultimo è proprio l’adattamento alla società.
Fritz Pearls “La terapia gestaltica parola per parola”
Prevedibilità, ripetizione, incapacità di vivere nel qui e ora e di osservare ogni situazione per quella che è senza vederla come una copia di situazioni passate. Il nostro potenziale si perde negli automatismi, o cliché per usare le parole di Perls. Siamo una specie a cui è stato donato un potenziale enorme, ma resta inutilizzato. L’adattamento ad un modello e ad una società malata è la logica conseguenza della nostra incapacità di esprimere tutto il nostro potenziale.
Rossella Tirimacco