Se vi dicessi che Vasco Rossi ha utilizzato sequenze di musica classica per le sue canzoni più famose, ci credereste? Se vi dicessi che i Pet Shop Boys hanno fatto uso della stessa sequenza classica per uno dei loro pezzi, di cui ne fecero un successo di fama mondiale, ci credereste? E che ne dite dei Beatles? Di Jovanotti? Edoardo Bennato? E altri ancora…
L’analisi di un pezzo musicale è una continua scoperta che sovente mette di fronte a nuovi interrogativi e quindi altre ricerche. C’è un universo dietro la Musica e quelle che definiamo “semplici canzoni”, sono in realtà “chiavi d’accesso” delle nostre emozioni. Numeri, note e sequenze in infinite combinazioni con le quali è possibile far sorridere, piangere, addormentare, calmare, ballare, un essere umano (e non solo). Già questo “mistero” dovrebbe spingerci a “vedere e sentire” la Musica con altri occhi e orecchie… ma a volte non basta.
Così, oggi voglio parlarvi di un altro “mistero” della Musica, una sequenza di musica barocca della fine del 1600, utilizzata, anzi “abusata” in tutte le salse da un’infinità di artisti che ne hanno fatto canzoni di successo.
In realtà parliamo di semplici otto note ripetute per ventotto volte in moto circolare.
Otto note di contrabbasso sostenuto da un violoncello. Il violino esegue la prima variazione, subito seguita da un secondo che la amplia; il primo riesegue la terza variazione, il secondo ripete la seconda e il terzo la prima.
Può sembrare una noia, detta così, eppure è una sequenza “geniale” che fa dell’opera in questione uno dei capolavori più ascoltati e “copiati”.
Si tratta del “Canone e Giga in Re Maggiore per tre violini e basso continuo”, una composizione in forma di canone, ovvero una composizione con più voci, una in risposta all’altra, che unisce ad una melodia altre sue ripetizioni, che le si sovrappongono progressivamente. Scritto verso la fine del 1600 e attribuita al compositore tedesco Johann Pachlbel, il canone è giunto a noi attraverso un manoscritto del XIX secolo. La composizione era in origine accoppiata ad un giga, ovvero una danza veloce in tempo 6/8 in uso nei sec. XVII e XVIII, ma quasi del tutto scomparsa nelle versioni più recenti.
Gli accordi della sequenza del canone sono: Re maggiore (tonica), La maggiore (dominante), Si minore (tonica parallela), Fa Diesis minore (dominante parallela), Sol maggiore (sottodominante), Re maggiore (tonica), Sol maggiore (sottodominante), La maggiore (dominante).
Il canone sale alla ribalta e diventa noto al grande pubblico nel 1968 grazie all’arrangiamento musicale di Jean-François Paillard che ne decrèto il successo.
Da allora, il canone è stata la composizione più utilizzata nella musica pop e rock divenendo così uno degli emblemi più importanti di crossover musicale (materiale utilizzato per generi differenti, in questo caso la musica classica si mescola con il rock o pop e ne viene fuori un incrocio).
Inutile sottolineare che i pezzi che hanno fatto uso del canone di Pachelbel hanno tutti, e dico “tutti”, ottenuto un grande successo. Ovviamente l’ascoltatore era perfettamente ignaro del “connubio” della musica barocca con la rock o pop, eppure è come se certe sonorità, determinate frequenze ed accordi, facciano parte dell’essere umano e della Legge dell’armonia universale e, probabilmente il nostro inconscio (che vede e sente meglio di noi) le riconosce al volo!
O forse la realtà è un’altra, è singolare però come una semplice sequenza possa decretare il successo di una semplice canzone che, in ogni caso merita di essere approfondita.
Segue il video, con alcune delle canzoni più famose che hanno fatto uso del canone… le riconosci?
Rossella Tirimacco
complimenti per il mix
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