Un uomo fa parte di un insieme di cose chiamato “Universo”; egli è un parte del Tutto, limitata nello spazio e nel tempo. Egli sperimenta se stesso, i suoi pensieri ed i suoi sentimenti, come qualcosa di separato dal Tutto: una specie di illusione ottica generata dalla sua mente. Questa illusione crea una specie di prigione per ognuno di noi; una prigione che restringe i nostri affetti e desideri personali al ristretto cerchio di persone che ci sono più vicine.
Il nostro traguardo consiste nel liberarci da questa prigione, allargando la nostra compassione fino ad abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza. Nessuno è capace di raggiungere questo traguardo completamente, ma la lotta per raggiungerlo fornisce, da se stessa, una parte della liberazione ed il fondamento per la vera sicurezza interiore
Albert Einsten

Avere dei corpi “separati” gli uni dagli altri ha creato nelle credenze dell’uomo di essere davvero separato dal resto del tutto. Così, quella separazione in cui “crediamo” diventa un nostro modo di interpretare l’esistenza dove tutto “è separato”. Conoscenze separate, persone separate, comunità frammentate, ciò che succede fuori non ci riguarda, il nostro prossimo “chi è costui”, gli animali e le piante sono “al nostro servizio” e così tutto il resto.
Ma è davvero così? Siamo davvero separati da tutto il resto? Eppure intorno a noi c’è un universo che comunica, e lo fa in mille modi… anche se ci parla in maniera differente… anche se il loro ruolo nel mantenere l’esistenza del TUTTO è diverso dal nostro. Prendiamo ad esempio le piante, dei semplici “vegetali” diranno alcuni, eppure il loro ruolo è per tutti noi “vitale”. Senza le piante non sopravviveremmo neppure un’ora. E queste meraviglie della natura, parlano, ascoltano, e provano emozioni…
È il 1966 quando Cleve Backster, un tecnico dell’ F.B.I. addetto alla messa a punto ed all’impiego del poligrafo ( o lie detector- macchina della verità) scoprì casualmente che la pianta di dracena che aveva in ufficio reagiva quasi”emotivamente” a ciò che accadeva attorno ad essa.
La scoperta: Backster un giorno ebbe l’idea di misurare la variazione di conducibilità elettrica delle foglie della pianta per effetto dell’innaffiamento. Quindi bagnò il terreno del vaso e poco dopo effettuò una misurazione. Egli si aspettava un aumento della conducibilità elettrica delle foglie della pianta di dracena ed invece il valore di tale parametro diminuì così come accade di solito in un essere umano che prova una lieve emozione. Il lie detector registra i cambiamenti della conduttività elettrica della pelle: un basso livello di conduttività elettrica indica uno stato di calma, una attività più intensa ( EDA ) indica stress, segnale che il sistema nervoso simpatico è in allerta e aumenta l’attività delle ghiandole del sudore. Gli elettrodi del poligrafo applicati alle foglie della dracena avrebbero dovuto registrare quindi un abbassamento di resistenza dovuto alla risalita dell’acqua.

Non accadde nulla di tutto ciò: il tracciato anzi iniziò a puntare verso il basso. Backster provò a suscitare una qualche reazione nella pianta, immergendo una foglia nel caffè, ma il tracciato continuò a puntare verso il basso, come se la pianta fosse… annoiata. Ma quando Backster pensò di bruciare una foglia, il pennino del registratore schizzò verso l’alto. La pianta aveva percepito il pensiero di Backster. Non solo, aveva percepito l’intenzione e aveva reagito con quella che si può definire una reazione di terrore. Nell’anno e mezzo che seguì, Cleve Backster e il suo collega Bob Henson replicarono l’esperimento iniziale e monitorarono regolarmente le reazione delle piante all’ambiente, scoprendo molte e diverse particolarità, con implicazioni ancora più sorprendenti. Dopo questo ed altri esperimenti, Backster ed i suoi collaboratori, si convinsero che le piante hanno una specie di percezione extrasensoriale (definita percezione primaria), così profonda da coinvolgerne i tessuti e persino le cellule.

Un loro esperimento, alquanto drammatico, fu l”assassinio di una pianta”, ad opera di una persona scelta a caso in un gruppo di sei. Il soggetto fu lasciato solo con due piante similari, una di queste doveva essere distrutta completamente. Compiuto lo scempio furono introdotte nella stanza le sei persone, una dopo l’altra; tra esse si trovava l'”assassino”. In presenza di cinque di loro la pianta rimasta in vita restò completamente indifferente, ma quando arrivò l'”assassino” mostrò una reazione notevole che venne correlata ad una grande paura. Con questo ed altri esperimenti si arrivo alla conclusione che anche le piante hanno una specie di memoria.
Le piante risentono anche dell’effetto della concentrazione intenzionale e della preghiera. Con un test eseguito in laboratorio il 4 gennaio 1967, l’ingegnere chimico dr. Robert Miller ha stabilito che una preghiera efficace può aumentare la velocità di crescita di una pianta di ben otto volte. È stato così accertato che le piante sviluppano un certo rapporto con l’ambiente e soprattutto con le persone che le accudiscono.
Con altri esperimenti, in cui le piante venivano chiuse in una gabbia metallica, si è provato che tale isolamento non impedisce la percezione primaria. Pertanto questo tipo di “collegamento” non sembra di natura elettromagnetica ed assomiglia molto simile ai fenomeni che vanno sotto il nome di telepatia e chiaroveggenza.
Sulla scia di questi esperimenti è possibile arguire che vi sia un sistema informativo, non fisico, presente in tutta la natura fino agli esseri unicellulari, e che tale sistema sia influenzabile dai pensieri e dalle emozioni.
Forse è il caso di rivedere la nostra visione di ciò che ci circonda,e accettare che il fatto che l’Universo non è ciò che ” conosciamo” o crediamo di conoscere. In realtà viviamo in in una specie di gabbia, costituita dalle forme-pensiero frutto delle nostre abituali attività mentali; una “gabbia” costituita da idee cristallizzate, pregiudizi e preconcetti, che ci impediscono di vedere le cose nella loro giusta luce, portandoci ad interpretare ciò che vediamo e sentiamo in modo del tutto personale. Le piante sono solo un altro esempio di quanto siamo collegati con l’esterno e quanto frequenze, suoni, pensiero, vibrazioni ci “uniscano” e ci colleghino l’un l’altro. Siamo tutt’uno con l’Universo “iniziamo a prenderne consapevolezza”.
Fonti:
Piante emotive
Ilpensiero della mente.
Progetto Caduceo
Fiume Silente.com
Ottimo. Parole sante quelle di Einstein. Temo però che il concetto di un universo che è un tutt’uno che comprende la materia, animali e vegetali interconnessi in una entità vivente, non sia di facile comprensione per tutti. La questione è più complicata di quanto sembri.
Ricordo che Tiziano Terzani, che negli ultimi anni della sua vita si era ritirato in isolamento, ad uno dei pochi amici che ancora incontrava, che gli chiedeva come vedesse il mondo, rispose che una volta lo vedeva diviso in spicchi, ma ultimamente lo vedeva come un tutt’uno. MI è venuto spontaneo pensare “Finalmente ci è arrivato. Ed ha impiegato 70 anni per capirlo?”. La maggior parte delle persone non arriva mai a capirlo; purtroppo. Buona serata.
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Hai ragione Giano, molti non arriveranno “mai” (o almeno in una sola reincarnazione) a comprenderlo. Ma vedi, non ha importanza quanto tempo ci vorrà, ciò che conta è arrivare a tale consapevolezza, perchè vedi… o impariamo o la vita in un modo o nell’altro ce lo insegnerà.
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