È incredibile come il popolo, appena è assoggettato, cade rapidamente in un oblio così profondo della libertà, che non gli è possibile risvegliarsi per riottenerla, ma serve così sinceramente e così volentieri che, a vederlo, si direbbe che non abbia perduto la libertà, ma guadagnato la sua servitù […] È vero che, all’inizio, si serve costretti e vinti dalla forza, ma quelli che vengono dopo servono senza rimpianti e fanno volentieri quello che i loro predecessori avevano fatto per forza. È così che gli uomini che nascono sotto il giogo, e poi allevati ed educati nella servitù, senza guardare più avanti, si accontentano di vivere come sono nati, e non pensano affatto ad avere altro bene né altro diritto, se non quello che hanno ricevuto, e prendono per naturale lo stato della loro nascita. […] Benché dunque l’indole umana sia libera, l’abitudine ha sugli individui effetti maggiori che non la loro indole, e così essi accettano la servitù se sono sempre stati educati come schiavi».


Vi è poi sempre qualcuno, migliore degli altri, che, non sopportando il peso del giogo, non può trattenersi dallo scuoterlo; costui non accetta la soggezione e… non può trattenersi dal pensare ai propri diritti naturali… Proprio individui siffatti, con idee ben chiare e mente lungimirante, a differenza del popolo crasso, non s’accontentano di ciò che hanno sotto gli occhi, a portata di mano ma prestano attenzione al prima e al dopo… si tratta di individui che, avendo per natura un’intelligenza acuta, l’hanno poi anche educata con l’esercizio e il sapere.

Étienne de La Boétie “Discorso sulla servitù volontaria”

La statua di Etienne de La Boétie a Sarlat-la-Canéda (Dordogne, France)

Sono tempi difficili quelli che stiamo vivendo, tempi di grande movimento e di grandi rinnovamenti. I cambiamenti però, non sempre sono come ce li aspettiamo, al contrario, a volte arrivano come un terremoto e non lasciano scampo. La storia è piena di esempi di cambiamenti epocali seguiti o preceduti sempre da qualche guerra. Il momento storico che stiamo vivendo ha un movimento che non lascia presagire nulla di buono. Lo stato di intorpidimento generale, dove la gran parte dell’umanità, sembra ipnotizzata da un prestigiatore che non ha né forma, né colore, né odore, ha un sapore amaro. Così, oltre ad affidarsi alla Madonna, ci si affida alla lettura, e magari si ripescano antiche opere partorite da grandi menti. Se non altro per riaccendere un minimo di speranza.
Il testo che ho ripescato è stato scritto nel 1549 da Étienne de La Boétie un giovane filosofo francese, morto giovanissimo tra atroci sofferenze, probabilmente di peste. Il titolo dell’opera è tutto un programma “Discorso sulla schiavitù volontaria”. Un titolo che è l’emblema di una delle sofferenze che l’uomo da sempre si autoinflgge, quando ad esempio eleva al rango di padrone un altro essere umano. Ciò riguarda molto il nostro concetto di libertà, del resto, il potere che possiede un tiranno, gli viene concesso dallo schiavo stesso. E non importa se riguarda una società intera soggiogata da un governo o da un singolo, oppure da un partner all’interno delle sue dinamiche di coppia o di relazioni, la libertà di cui tanto ci riempiamo la bocca il più delle volte non è che una prigione travestita.
L’opera di de La Boétie, venne pubblicata dopo la sua morte clandestinamente nel 1576, con il titolo “Il contro uno” divenendo attraverso i secoli uno dei punti di riferimento dei tanti paladini della libertà. Geniale l’intuizione del giovane filosofo francese, che già da allora, aveva appunto compreso come l’uomo cedesse egli stesso la propria libertà al tiranno, e rifletteva su come i popoli erano (e sono) portati ad obbedire al potente di turno, tradendo così la propria natura di uomini liberi.
Cosa è cambiato oggi?
Niente.
La natura umana sembra portata ad accettare e a subire e senza ribellarsi. Basti pensare alle varie epoche storiche e ai tanti tiranni che si sono succeduti a livello planetario.
Le rivoluzioni poi, quando avvengono è solo perché ci sono altre nuove forze organizzate che si mettono in gioco per strappare il potere al tiranno o al governo di turno. Una cosa è però sicura: le rivoluzioni non partono mai dal popolo.
La speranza è che ci siano in questo gioco di forze, persone che “vedono oltre” persone che bramano la libertà e che non accettano la soggezione di chi vorrebbe privarli del loro diritto naturale di essere “uomini liberi”.

“Discorso sulla servitù volontaria” è un’opera eterna, non ha tempo, un saggio più che mai attuale e che letto nei tempi oscuri è in grado di riaccendere in noi quella scintilla di luce chiamata “libertà”.

Rossella Tirimacco