Un paio di scarpe, uno zaino del figlio quattordicenne con dentro poca roba e una lettera da consegnare a Mattarella, l’avventura di Marco D’Amato inizia da Villanova di Cepagatti e la direzione è Roma. Accanto a Marco c’è la fedele cagnetta Lulù, amica di una vita che lo accompagna in questa avventura dal sapore amaro, oltre 220 chilometri da percorrere a piedi.
La storia di Marco è una delle tante storie raccontate dai cinquantenni, un’ intera classe generazionale fatta di uomini, donne, lavoratori, liberi professionisti, imprenditori, madri, padri e figli che oggi vengono costretti da un governo al servizio delle case farmaceutiche a subire un trattamento sanitario come quello della presunta “vaccinazione anti-covid” contro il loro volere. Pena per coloro che non si piegano al ricatto, la sospensione del proprio posto di lavoro con conseguente perdita dello stipendio e l’esclusione dalla vita sociale.
Marco è uno di loro, un operaio ultracinquantenne che dopo aver subito gli effetti “avversi” del super green pass (lasciapassare rilasciato solo ai vaccinati e ai guariti) fatta di discriminazione, ostracismo sociale, perdita della privacy, annullamento dei propri punti di riferimento e della propria identità, quando la mostruosa macchina realizzata dal governo “dei migliori” ha superato l’ultimo baluardo che permette ad un uomo di sopravvivere come quello del lavoro, non ce l’ha fatta più e ha deciso così di fare qualcosa.
Sono circa 220 i chilometri che lo separano da Roma e lui è deciso a raggiungere la capitale. Scrive così una lettera che vuol consegnare personalmente al Presidente Mattarella in cui spiega che “a causa degli ultimi provvedimenti legislativi, non potrà più andare al lavoro, perché non ha il vaccino anti Covid, e così non sarà più in grado di sostenere economicamente la sua famiglia.
Quella di Marco non è una protesta, ma una “camminata” di un padre disperato che chiede risposte ad uno Stato sempre più assente nei confronti dei diritti dei propri cittadini, ma molto “presente” addirittura autoritario nel pretendere obbedienza cieca dalla popolazione.

<< Consegnerò a Roma al Presidente Mattarella simbolicamente questo unico paio di scarpe con cui ho camminato per oltre 220 chilometri, e chiederò di firmare un foglio in cui mi dovrà assicurare che, se dovesse succedermi qualcosa, dopo l’inoculazione del siero sperimentale che stanno usando, ci penserà lo Stato a non far mancare nulla a mio figlio. Solo allora dirò sì all’inoculazione del siero, per ottenere il green pass, un lasciapassare che nulla ha a che vedere con la pandemia e il sistema sanitario».
Con questo proposito Marco si è messo in cammino dal giorno 8 febbraio, certo di arrivare a Roma il 15 febbraio. Lungo il suo cammino tanti gruppi di no-green pass ad accoglierlo e supportarlo in questa sua “singolare forma di protesta civile”, tanti fratelli e sorelle pronti ad unirsi idealmente in una marcia su Roma in difesa della libertà e dei diritti dell’uomo.
Nella Valle Peligna ho avuto insieme ad altri componenti del gruppo No-Green Pass Valle Peligna il piacere di accogliere Marco D’Amato e abbiamo trascorso alcune ore in sua compagnia. Una serata insieme tra persone che hanno deciso di dire “NO” al criminoso green pass e ad una serie di abusi perpetrati da un governo folle ai danni di milioni di persone. La “camminata” di Marco lascia delle orme sul terreno, delle tracce che ognuno di noi potrà un giorno seguire, poiché il cammino di un uomo sovente diventa il cammino di un intero popolo.
Rossella Tirimacco



