Qualunque fiore tu sia, quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
Daisaku Ikeda
Quando le parole vengono costantemente ripetute, il nostro cervello le assorbe al punto tale che queste diventano un vero e proprio “programma” che condizionerà parte della nostra esistenza. Se ad un bambino gli viene detto e ripetuto più volte di “essere uno stupido”… sapete quale sarà il risultato? Quel bimbo si convincerà delle parole pronunciate dall’adulto e crescerà appunto come uno “stupido”. Le parole quindi creano la nostra realtà, e iniziano a crearla sin dalla primissima infanzia. Il concetto di autostima getta le sue basi a partire dal mondo dell’infanzia per poi rafforzarsi nel ciclo evolutivo della nostra crescita. Ma cos’è in fondo l’autostima?
L’autostima è il complesso dei giudizi e delle valutazioni che l’individuo ha di se stesso. Questi vengono influenzati dal vissuto individuale, dalle singole esperienze e soprattutto dagli elementi affettivi e sociali che ne condizionano la percezione personale. Il senso di autostima è quindi la somma di un bagaglio di giudizi valutativi inerenti alle situazioni vissute e percepite dall’individuo.
Il mondo del bambino è un mondo tutto da costruire ed esplorare, un mondo che, almeno per i primi anni dipende molto dall’adulto e dalla capacità di quest’ultimo di “comunicare” con il mondo dell’infanzia.
I bambini credono alle parole degli adulti, dipendono da essi, e ogni parola detta, potenzialmente crea un programma nel suo mondo, un programma che in seguito il bambino elaborerà in una maniera del tutto personale.
Parole e azioni sono quindi i primi input con cui il bambino darà un valore mutevole e dinamico nel tempo al suo mondo interno. Saranno proprio i genitori attraverso il loro amore e attraverso il loro modello educativo che il bambino costruirà la prima immagine di sé.

“La filastrocca dell’autostima” giù riportata è un componimento in versi di Stefania Contardi che attraverso semplici parole ci spiega meglio di un trattato di psicologia l’importanza di ciò che diciamo o che non diciamo e come l’autostima dei ragazzi dipenda molto da noi adulti.
Non dirmi “sciocco” oppure “somaro”,
sono parole dal gusto amaro.
Non dirmi “aspetta, ti rispondo dopo”,
se lo chiedo ora, ci sarà uno scopo.
Non chiedermi sempre e solo perché,
ne sono certo, lo sai già da te.
Se poi non mi urli tutti i santi giorni,
sarò più felice quando ritorni.
Non chiedermi cose sotto ricatto,
o imparerò il prezzo di averlo fatto,
non per amore, ma per esser costretto
e non di certo perché ci rifletto.
Se sono stanco e non capisco niente,
è perché stanca è anche la mente.
Non mi gridare se rovescio il latte,
chissà tu, da piccola, quante ne hai fatte.
Non dirmi mai che non si può fare,
tra il dire e il fare non sempre c’è il mare,
o che non posso cambiare il mondo
e ci crederò in un nanosecondo.
Se aggiungi sempre “ma”, “forse”,‘‘però”,
stai pur sicura non ce la farò.
Poi, se lo posso fare da solo,
non aiutarmi e prenderò il volo.
Mostrami invece parole belle
e te lo assicuro, toccherò le stelle.
Rossella Tirimacco