Al fine di misurare l’efficacia della pubblicità e dei messaggi indirizzati ai
consumatori, da tempo vengono intraprese ricerche finalizzate ad una migliore
comprensione del ruolo delle emozioni. Gli studi neuroscientifici hanno dimostrato che la mente umana non è in grado di comprendere i meccanismi che regolano i propri pensieri e le proprie azioni, l’individuo è infatti consapevole solo di una piccola percentuale di ciò che accade realmente durante un processo decisionale.

(Ilaria Tornati “Il ruolo delle emozioni nei processi decisionali del consumatore: dalle neuroscienze al neuromarketing)

 

È il 1961 quando Piero Manzoni, discendente del “famoso parente” Alessandro, entrò a tutto diritto nella “storia dell’arte” grazie alla sua “opera” più famosa “Merda d’artista”. L’opera in questione, (forse) consisteva in due chili e settecento grammi di feci, cioè “merda”, versata all’interno di 90 barattoli dal peso di 30 grammi cadauno. I barattoli furono sigillati, numerati e autografati dallo stesso Manzoni che li mise in vendita ad un prezzo pari all’equivalente in oro del loro peso. Uno dei barattoli di “merda” qualche anno fa, fu battuto all’asta per 124.000 euro.

 

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L’opera di Manzoni

La geniale trovata di Manzoni- che  attraverso i suoi  lavori criticava la produzione di massa e del consumismo che cambiò il volto del mondo- fu quella “smerdare” l’arte, a suo dire “sopravvalutata” dal pubblico.  L’opera del conte di Cremona, ben rende l’idea del mondo del “consumatore”, un mondo dove oggetti inutili e privi di valore intrinseco seducono e affascinano milioni di individui disposti ad indebitarsi pur di possederli. Ma perché diamo così tanto valore ad oggetti totalmente inutili? La risposta possiamo trovarla nella nostra neocorteccia cerebrale (o cervello ominide), vera responsabile di quelle funzioni che caratterizzano l’essere umano: pensiero, linguaggio, coscienza etc.

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Ed è quindi grazie ad essa che siamo in grado di astrarre e attribuire significato ad un concetto, partendo da un semplice segno o da un simbolo. Il significato che attribuiamo ad un segno, non sempre è necessariamente collegato all’oggetto reale a cui fa riferimento. Prendiamo ad esempio il simbolo di un marchio pubblicitario come Nike, Adidas, Diadora ecc. Ora apponiamo il marchio (logo)  su una maglietta, su un pallone, su un paio di scarpe e così via. Oggetti che conosciamo tutti e di normale utilizzo.  Alla vista del marchio, associamo diversi significati, come l’agonismo, lo spirito vincente, la competizione etc. tutte interpretazioni che però non hanno niente a che vedere con l’oggetto reale cui fanno riferimento. […] le aziende per entrare in contatto con i consumatori e nel proporre i propri prodotti, devono integrare ai contenuti razionali, quelli che appartengono alla sfera delle emozioni, attraverso storie che comunichino con la parte più profonda dell’io, “il profitto sarà generato dai contenuti emotivi degli stessi prodotti. Le aziende diventeranno proprietarie di storie sui prodotti e sulle marche piuttosto che proprietarie di prodotti e saranno capaci di inserire i nuovi prodotti all’interno delle storie esistenti” (Jensen, 1999). In altre parole, le aziende dovranno porre le emozioni al centro delle proprie strategie(1*) Cioè, l’oggetto reale e il marchio non hanno nessun reale collegamento tra di loro, ma vengono costruiti dalle campagne pubblicitarie.

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Chiaro che alla base di quelle, che crediamo “nostre” scelte, esistono dei codici ben precisi e utili a chi sa applicare la neuroscienze al marketing . Dal connubio delle due discipline, nel 2002 grazie al premio Nobel per l’economia Ale Smidts, nasce il termine “neuro-marketing” , una nuova branca della neuroeconomia che andrà ad utilizzare la strumentazione tipica delle neuroscienze per analizzare e capire l’impatto dell’attività di marketing sulle diverse aree cerebrali delle “cavie umane”. Vale a dire, il nostro cervello è stato alla base così sezionato, e chi conosce come questo risponde agli stimoli, è in grado di spingere il consumatore verso acquisti spesso inutili. Da non dimenticare che tali discipline vengono applicate in tutti i settori, politica in primis.

                                                             Simboli e codici

Intorno a noi, si muove un universo fatto di segni e simboli, anche se il più delle volte, questi non hanno nessun legame con l’oggetto reale che rappresentano. Infatti, i simboli non necessariamente devono riprodurre in maniera fedele la realtà. Si possono avere dei segni che sono indipendenti dalla realtà che rappresentano. Come ad esempio con “l’opera” di Manzoni. Nel caso specifico l’autografo dell’artista (il segno) è indipendente dall’oggetto fisico, gli escrementi, anzi prevale il segno, il quale da un significato totalmente diverso all’oggetto in questione. Vale a dire: il cervello non tiene conto del contenuto del barattolo ma del segno. Questo è lo stesso meccanismo che permette di creare tutta una serie di valori e significati attorno ad un marchio.

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Es.: Se andassi a comprare una borsa, che sia Valentino, Versace, Prada ecc., appena uscite dalla fabbrica, non costerebbero più di 10/15 euro. L’oggetto reale “la borsa” ha    un valore intrinseco ridicolo. Ma come abbiamo già visto, il simbolo e tutto quello che ne deriva, prevale sull’oggetto fisico e fa innalzare il prezzo finale di 10/15 volte.  I diversi significati associati al marchio, derivano dalla campagna pubblicitaria, ed è sempre attraverso la pubblicità che il nostro cervello entra in possesso dei codici che ci permettono di interpretare quel simbolo. […] Le emozioni svolgono una funzione estremamente importante nella scelta di ciò che immagazziniamo nella nostra memoria. L’obiettivo del marketing emozionale è appunto quello di enfatizzare il ruolo delle emozioni nella la creazione di eventi o situazioni legati a un brand, in modo tale da poter fissare il ricordo di questi ultimi nella memoria del consumatore. Il focus di questa strategia è quella di sfruttare l’associazione che si viene a creare tra l’impatto emozionale dell’evento e il brand o prodotto. Se il ricordo dell’esperienza vissuta è positivo, avremo di conseguenza un
atteggiamento positivo anche nei confronti di quel brand o prodotto. (2*)

Cattura
Esperimento su un soggetto sottoposto a monitoraggio con l’EEG e l’eye-tracking.Le informazioni possono essere rilevate direttamente all’interno dei supermercati, nella reale situazione di acquisto. Le misurazioni sono effettuate mediante sensori posizionati sulla cuffia dell’EEG mentre una telecamera binoculare in miniatura e una macchina fotografica seguono in dettaglio i movimenti oculari e la dilatazione delle pupille del soggetto impegnato nella scelta di prodotti sugli scaffali. Tali misurazioni forniscono correlazioni statistiche tra i comportamenti, le risposte cerebrali e neurofisiologiche all’interno del percorso di acquisto. (3*)

 

In questo modo, una volta innescato il meccanismo emozionale, il consumatore attribuisce un significato al prodotto e di conseguenza ne stabilisce un valore (e quindi il prezzo del prodotto). Ovvero: comprando un determinato prodotto veicolo un messaggio verso le persone che mi stanno intorno, es. “Io posseggo un abito firmato da tal dei tali e quindi ho valore”.  Ecco perché nei semplici prodotti senza alcun marchio particolare, non essendoci dietro nessuna campagna pubblicitaria, i prezzi sono di molto inferiori rispetto agli stessi prodotti di marca.  In pratica, la campagna pubblicitaria, sfruttando il mio aspetto emotivo, crea intorno ad un brand, tutta una serie di  significati “inesistenti” al fine da indurmi all’acquisto del prodotto. In mancanza di questo “traduttore”, non sono quindi disposta a pagare cifre elevate, perché al prodotto non associo nessun valore “emozionale” che possa permettermi di veicolare messaggi. Ovvero: se viene a mancare l’aspetto simbolo-valore, il meccanismo crolla.
È chiaro ora che il tutto non ha nulla a che fare con la qualità, e che prezzi assurdi di certi prodotti sono solo una mera presa per i fondelli, che il consumatore volontariamente “accetta” , a causa di un cervello che può essere, per chi conosce i codici d’accesso, tranquillamente manipolato e forgiato senza troppi sforzi.

 

 

Rossella Tirimacco

 

Bibliografia

1*-2*-3* Ilaria Tornati “Il ruolo delle emozioni nei processi decisionali del consumatore: dalle neuroscienze al neuromarketing- Tesi di Laurea Magistrale Marketing e Comunicazione

Psicologia del consumatore

Foto n. 5 True Impact