Il mio nipotino Emanuele, ha da poco compiuto due anni, esattamente il 10 maggio. Emanuele vive in un’altra regione con i suoi genitori, e quest’anno, causa Covid -19, il suo compleanno è stato festeggiato online.
In tempi di magra, in un tempo di forzato distanziamento fisico, la tecnologia è divenuto l’unico mezzo per accorciare le distanze e che ha potuto permettere un minimo di relazioni tra individui. Meglio questo che niente.
Ho pensato però a lungo a Emanuele, a Lorenzo, il suo fratellino, ho pensato a tutti i bambini, soprattutto a quelli italiani, visto che non conosco la reale condizione delle altre nazioni, e mi sono chiesta quanta attenzione è stata posta dalle istituzioni nei loro confronti. E mi chiedo, se alla luce delle tante novità che sono saltate fuori circa il virus, in che modo si vuol portare avanti il programma dell’infanzia?
Faccio un passo indietro e torno al piccolo Emanuele. Nei suoi primi mesi di vita, egli non ha coscienza di essere separato dalla madre. Infatti, il neonato non ha percezione di sé, non sa di essere un individuo a parte, il suo mondo viene filtrato attraverso gli occhi della mamma, con la quale è in stretta relazione simbiotica.
Emanuele cresce, inizia a gattonare, inizia la sua esplorazione nel mondo. Questi mesi sono fondamentali per un sano sviluppo psicofisico. Il bimbo inizia a conoscere il mondo attraverso i sensi, per questo ha bisogno di “toccare” attraverso il tatto, ha bisogno di “provare” attraverso il gusto, ha bisogno di odorare attraverso l’olfatto, qualsiasi cosa che egli vede o sente. Ogni oggetto o situazione, verrà quindi elaborata e catalogata non solo dal punto di vista sensoriale, ma anche emotivo. Prendiamo ad esempio l’acqua del mare, il bambino impara in fretta che l’acqua è salata, registrerà la consistenza, la fluidità, ne registrerà l’odore, il suono, a cui poi verrà associata una specifica emozione, che non è uguale per tutti, poiché dipende sempre da come il singolo bambino vive una specifica esperienza. I primi anni, insomma, richiedono da parte sua uno sforzo enorme.
A due anni, ma anche a tre, a quattro, a cinque, il bimbo è ancora alla scoperta del mondo. Egli è un piccolo Ulisse che attraverso le esperienze e le “RELAZIONI” decodifica il mondo. Ed è attraverso il mondo esterno che pian piano si formerà la sua identità.
Due mesi rinchiusi in casa, per dei bambini così piccolissimi, è un tempo enorme, un tempo in cui di fatto, la loro esplorazione del mondo esterno è stata sospesa, ma la cosa peggiore è che le “relazioni” sono state di fatto interrotte.
Infatti, non possiamo più parlare di “semplice distanza fisica”, che già è un abominio per delle persone sane, ma ci troviamo di fronte ad una vera e propria “interruzione delle relazioni sociali”.
Ora, proviamo a chiederci l’impatto di una costrizione simile nel loro mondo. Quali strumenti ha il bambino per interpretare il mondo? Gli unici “strumenti” sono i genitori.
Che impatto ha avuto il Covid nella testa di milioni di individui adulti, visto che questa situazione ha sconvolto adulti e bambini dal punto di vista emotivo e percettivo?
Non entro nel merito se sia stato giusto o no, non è questo il punto, si è trattato di un caso di emergenza e come tale l’abbiamo accettato. Ciò che mi lascia l’amaro in bocca è il realizzare che la distanza momentanea, si vorrebbe farla passare per “normalità” e quindi l’odioso distanziamento, trasformarsi come un nuovo stile di vita.
Torno di nuovo indietro al piccolo Emanuele e lo vedo giocare con altri bimbi. Si spingono, si prendono per mano, si abbracciano, si danno i baci e a volte si picchiano. Esplorano il mondo. Imparano e apprendono attraverso le relazioni, senza mascherine e senza distanziamento.
Ora, si è parlato molto del ritorno a scuola, si è parlato di “braccialetti che suonano ad un metro di distanza”, si è parlato di mascherine per bambini, si è parlato di tutto e di più su come evitare un ipotetico contagio che, ad oggi, inizia a far sorgere parecchi dubbi sulle modalità in cui si è gestita la situazione, ma sapete di cosa in pochi parlano? Del benessere psichico di giovani creature che, rischiano di trasformarsi in futuri psicopatici.
La situazione d’emergenza, infatti, non ha nulla a che fare con l’assurdità con la quale si vuole gestire sia il ritorno a scuola che il ritorno alla “socializzazione”. I bambini, più di altri hanno bisogno di “TOCCARE” di stare in classe, di giocare con gli altri bambini. Come si può anche solo pensare di tenerli separati? Poiché, se passa il principio del distanziamento nelle scuole, va da sé che il gioco sarà loro precluso. A meno che non si voglia trasformare milioni di bambini in disadattati costantemente attaccati ad un monitor o ad uno schermo tv. E’ questa la strada che si vuol prendere? Auspico un ritorno alla ragione, poiché non può esserci salute fisica senza benessere psichico. E’ fondamentale proteggere i bambini e supportarli nella crescita attraverso le relazioni. Una mascherina colorata, un tablet, un braccialetto che suona, sono solo strumenti atti a facilitare un processo di disturbo mentale e che nulla hanno a che fare con la protezione della loro salute. Al contrario, soprattutto la mascherina “È PERICOLOSA”. Vedere tanti bambini che giocano, che vanno in bici, che corrono con una mascherina, è pura follia. Ad oggi, dietro tante assurdità, si ha l’impressione che molte decisioni vengano prese senza una reale motivazione oggettiva, ma dietro una spinta emotiva e di business.
I bambini hanno il diritto sacrosanto di avere una sana crescita psicofisica, hanno il diritto di stare nelle aule e di stabilire dei rapporti con gli altri. Hanno il diritto al gioco e allo sport. Hanno il diritto di crescere in maniera “naturale”. Chiediamoci se le scelte che si stanno optando seguono davvero i principi della Natura.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Rossella Tirimacco
Bellissimo post
Passa nel mio blog se ti va
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie, Giuly.
"Mi piace""Mi piace"